Il blog di
Piero Chiappano


Ispirato a una canzone di Bruce Springsteen, Land of Hope and Dreams, questo spazio sostiene che sono la speranza e i sogni a guidare le azioni degli uomini. Chi dice che siano i soldi ha solamente vissuto male una sconfitta.
Questo spazio è dedicato al mondo del lavoro, di cui approfondisce limiti, potenzialità, contraddizioni e utilizza come chiave di lettura la musica, che diventa metafora di accesso all'autoformazione e alla consapevolezza di sé.

Land of Hope and Dreams

"This train carries saints and sinners, this train carries loosers and winners,
this train carries whores and gamblers, this train carries lost souls..."

Bruce Springsteen - Land of Hope and Dreams (2001)

martedì 24 gennaio 2012

Crisi e mercato del lavoro

Gli appassionati di canzone d’autore all’inizio dell’inverno sono stati scossi da una notizia spiacevole: Ivano Fossati ha annunciato il suo ritiro dalle scene e quello in corso sarà il suo ultimo tour. Ghiotta notizia sotto il profilo della comunicazione, ha permesso la realizzazione di addirittura tre concerti a Milano e due puntate televisive di “Che tempo che fa” con Fabio Fazio.
Con intelligenza Ivano sta regalando ai fan una ragguardevole carrellata di vecchie canzoni, tra noti successi e gustose riscoperte. Tra queste, e non a caso, si segnala La crisi, un brano del 1979 che non lascia margine a sottintesi:

La crisi ci aspetta
giù al portone
studia dove andiamo.
La crisi ci segue
come un granchio
e non ci molla più.
Al supermercato
la cassiera
già da un po' chiede di me.
Io no, io no
no non esco di casa
no fuori c'è la crisi.
/…/
Va tutto bene
più che bene
solo un po' di crisi.
Va tutto bene
solamente non ce la facciamo più.

Canzone più che attuale, declinata a ritmo di country rock e sostenuta dalla Fender Stratocaster di George Terry, già musicista di Eric Clapton dal 1974, La crisi fotografa la quotidianità di un vivere incerto, dove a volte ci si condiziona selezionando ed enfatizzando messaggi negativi nel segno delle profezie che si autoavverano.

Ivano Fossati negli anni Settanta
Questa sorta di timor panico purtroppo attecchisce tignosamente negli ambienti aziendali a tutto vantaggio dei datori di lavoro più “intraprendenti”: ci si sente quasi in colpa a portare a casa uno stipendio e si prova vergogna a lamentare trattamenti non esemplari, ci si convince che certe cose avvengono dappertutto, che è meglio essere certi di stare male qui che rischiare di stare meglio altrove. Risultato: il mercato si blocca, tutti si tengono quel poco che hanno, i progetti ammuffiscono nei cassetti e – dal momento che nessuno fa niente – la crisi non passa.
Mi sento allora di segnalare la storia recente di un amico, tra l’altro fan di Fossati. Ingegnere ambientale per oltre dieci anni presso una municipalizzata (posto sicuro a vita, illicenziabile, qualifica manageriale), è stato da poco assunto da un’azienda privata (pacchetto retributivo migliore, ma situazione sottoposta al rischio d’impresa). Se n’è andato tra lo stupore dei suoi vecchi colleghi che, increduli per la temerarietà del gesto, hanno persino evitato di augurargli buona fortuna.
Perché l’ha fatto?
Per autostima, perché ha capito che la mediocrità di un ambiente gravato dalle raccomandazioni politiche e refrattario ai riconoscimenti meritocratici non è l’unico mare in cui si può nuotare.
Per responsabilità, perché da persona intelligente ha voluto dare un senso ai suoi valori, al suo impegno e ai sacrifici che la generazione precedente ha sostenuto per lui.
Per amore, perché vuole che i suoi figli crescano di fronte all’esempio di una padre che affronta le sfide in modo consapevole e non si lascia blandire dalla grigia cultura dell’espediente piccolo borghese.
Si è messo sul mercato e l’offerta è arrivata proprio in un momento in cui il pessimismo generale avrebbe fatto presupporre il contrario.
La morale di questa storia è che, crisi o non crisi (ma soprattutto in tempo di crisi), è assiomatico che se siete persone valide qualcuno vi sta cercando, e se stanno cercando voi state pur certi che prima o poi è proprio voi che assumeranno, perché in momenti come questo chi vi assumerà si guadagnerà il futuro.
Vi invito quindi a non ascoltare le cassandre di quartiere che provano a frenare il vostro istinto. Liberate il fiuto, siate ostinati e non smettete mai di rappresentarvi qualcosa di più della situazione che state vivendo, magari ascoltando il Fossati maturo, quello della poesia in musica di Lindbergh (1992):

La voglio fare tutta questa strada
fino al punto esatto in cui si spegne.