Il blog di
Piero Chiappano


Ispirato a una canzone di Bruce Springsteen, Land of Hope and Dreams, questo spazio sostiene che sono la speranza e i sogni a guidare le azioni degli uomini. Chi dice che siano i soldi ha solamente vissuto male una sconfitta.
Questo spazio è dedicato al mondo del lavoro, di cui approfondisce limiti, potenzialità, contraddizioni e utilizza come chiave di lettura la musica, che diventa metafora di accesso all'autoformazione e alla consapevolezza di sé.

Land of Hope and Dreams

"This train carries saints and sinners, this train carries loosers and winners,
this train carries whores and gamblers, this train carries lost souls..."

Bruce Springsteen - Land of Hope and Dreams (2001)

mercoledì 27 marzo 2013

Battiato e "la voce del troione"

Franco Battiato, eminentissimo ac reverendissimo musicista di ampia caratura internazionale, si trova in questi giorni nell’occhio del ciclone per aver detto che il parlamento italiano è pieno di troie, interpretando in questo, come giustamente un cantautore deve fare, un pensiero da anni più che comune nella voce popolare.
Allora perché lo scandalo? Semplice, perché anziché gridarlo nei concerti (cosa che praticamente fa da anni, basta leggere i testi di canzoni come Povera patria e Inneres Auge), è andato a sussurrarlo direttamente nel porcile, cioè nel troiaio. Le reazioni di sdegno sono state immediate e bipartisan, col risultato che Battiato, forse caso unico di assessore regionale (della sua Sicilia) che spontaneamente ha scelto fin dalla nomina di non percepire compenso, si è visto revocare ogni incarico.



La vicenda è a dir poco grottesca: Platone, agli albori della filosofia, negava dignità alla rappresentazione artistica in quanto sostanzialmente menzognera rispetto alla realtà, oggi invece, quando l’artista smette i suoi panni e parla da uomo comune, ecco che viene subito accusato di falsità con l’aggravante dell’ingiuria.
E a nulla serve osservare che la parola troia è comune metafora per indicare i voltagabbana, i doppiogiochisti e i cortigiani.
No, qui se ne fa addirittura una questione di dignità femminile, come se il cantautore fosse un misogino represso (proprio lui che quando canta una canzone d’amore come La cura ti fa venire la pelle d’oca per un giorno intero), per cercare di distrarre l’attenzione dal vero problema della politica italiana attuale e cioè la totale assenza di credibilità dei suoi rappresentanti.
Già, in fondo perché perdere tempo a discutere del fatto che, se uno Stato non è nemmeno in grado di proteggere i suoi soldati (mi riferisco ai due marò rispediti nelle carceri indiane), forse Stato non lo è più? Meglio parlare dell’artista, che non essendo giullare di corte bensì libero e influente pensatore (vedi il tutto esaurito registrato nei recenti quattro concerti milanesi, a uno dei quali ho piacevolmente assistito), certe verità non le può proprio raccontare.
Eppure Battiato l’aveva già detto tanti anni fa in Bandiera Bianca (1981):

Per fortuna il mio razzismo non mi fa guardare
Quei programmi demenziali con tribune elettorali.

Da allora i tempi non sono affatto cambiati, anzi la “voce del padrone”, titolo dell'album che l'ha consacrato, si è fatta più arrogante e volgare: la "voce del troione", appunto. Nella politica come nel business.
Forse sta qui, a giudicare da come l’Italia se la passa economicamente,  la palestra più truce delle troie. Che ovviamente non sono solo donne scostumate, ma scaltri dirigenti, funzionari compiacenti, impiegati meschini…

giovedì 21 marzo 2013

L'umiltà del Papa

La scelta del nome per un Papa è qualcosa di estremamente ponderato, in quanto si tratta di un atto destinato a ricoprire un doppio significato: uno per lo storico interiore della persona che da quel giorno sarà chiamata così, uno per il popolo che così lo chiamerà fino alla fine dei suoi giorni (salvo curiose dimissioni).
Come tutti hanno già avuto modo di commentare, il cardinal Bergoglio ha scelto di chiamarsi Francesco. Il nome di un santo votato alla povertà, patrono di questa nostra sbagasciata Italia, ma anche un nome che siamo soliti associare a un amico, un parente stretto, un compagno di giochi o di scuola. Insomma, quanto di più famigliare si possa pensare.



Nel caso del papa, posto che al nomen omen dovranno seguire i fatti, è innegabile che è già a partire dall'eco che quel nome suscita nell’immaginario collettivo egli abbia voluto presentarsi all’universalità cattolica con un mandato ben preciso, che è quello dell’ascolto, della benevolenza, della partecipazione, dell’esperienza quotidiana. L’idea di un papa che è stato uomo, che conosce il linguaggio e le debolezze dell’uomo, che probabilmente si sente profondamente uomo.
Ecco, non sono questi messaggi forti per i leader di tutto il mondo, compresi quelli aziendali?
Papa Francesco sembra avere tutte le caratteristiche del leader trasformazionale, che ispira fiducia, che parte dalla persona per arrivare al ruolo, che conosce i gesti e i momenti della comunicazione. E sta piacendo perché ha il coraggio della normalità e di contrapporsi in modo dimesso alle teorie degli eccessi (in linguaggio manageriale parleremmo di benefit & compensation) che ormai dal suscitare scandalo sono passate a evocare disprezzo (vedi i superbonus del manager della finanza). Le premesse, par di capire, sono buone, soprattutto sul piano dell’umiltà e nella coscienza di ruolo.
Nel 1979 Bob Dylan aveva pubblicato una canzone decisamente cruda intitolata Gotta Serve Somebody, il cui testo contiene una riflessione sull'inevitabilità del concetto di servizio:

Puoi essere un predicatore con il tuo orgoglio spirituale
Puoi essere un assessore che intasca la tangente
Puoi
lavorare in un negozio di barbiere, puoi sapere come si tagliano i capelli
Puoi essere l'amante di qualcuno o puoi esserne l'erede
Ma devi servire qualcuno, sì, è così, devi servire qualcuno
Sia esso il Diavolo o il Signore, ma qualcuno lo devi servire.



Come è noto fin dall’alto medioevo il Papa veniva chiamato “servo dei servi di Dio”. L’attuale Francesco riporta alla mente, in modo del tutto naturale, questa espressione e c’è da augurarsi che il suo stile diventi esempio per i molti leader che non sono pastori di anime, ma gestori di persone.