Hanno buttato giù l’Odeon
E ci faranno un discount
Un altro sogno che uccidono…
cantava Eros Ramazzotti nel 1996 sulle musiche di Maurizio
Fabrizio, raccontando i tempi che cambiano e rubano magia ai ricordi di
gioventù.
Questa canzone mi è tornata in mente dopo aver scoperto che
la libreria da cui mi fornisco abitualmente all’interno di un centro
commerciale ha chiuso i battenti. Ho così realizzato che per comprare un libro
che non sia l’ultimo peto di Bruno Vespa o l’ennesimo rutto di Sgarbi mi tocca farmi,
da casa al negozio, qualcosa come 20-25 Km . Certo, a dire che l’editoria tradizionale
è in crisi scopro l’acqua calda, ma vorrei utilizzare questo esempio per
riflettere su come il mercato del lavoro sia cambiato per sempre.
La grande distribuzione è ormai una gara a sportellate tra
competitors, il piccolo commercio non ha la forza finanziaria per ripartire, il
made in Italy di qualità è costretto a spendere più soldi in marketing che in
produzione, le “nobili” professioni (dentista, avvocato, architetto, ecc.) sono
in overbooking, le multinazionali delocalizzano, lo Stato preferisce fare la
carità (le famose 80€) a chi ha già un lavoro anziché varare misure vere e non
propagandistiche per l’occupazione, i giovani imparano l’inglese senza
conoscere l’italiano.
Personalmente credo che le aziende italiane ripartiranno, ma
almeno a due condizioni:
1) devono liberarsi di una classe manageriale che è più
incolta e antistorica della politica nazionale: manager privati e pubblici che
devono la carriera a qualche cordata di varia estrazione (anche occulta),
ottimi manutentori e garanti dello status
quo, ma incapaci di prendere decisioni orientate al futuro. Bisogna avere
il coraggio di valorizzare il merito e bocciare la compiacenza.
2) devono rifondare i metodi di selezione del personale: gli
esperti di recruiting praticano ancora il colloquio basato sui titoli
accademici, sulla presunta coerenza delle esperienze, sulle prospettive di
carriera ecc. Tutte variabili adatte a selezionare dei miti esecutori, non
persone creative, con idee innovative e utili per uscire dalla crisi. Mentre la
storia recente dell’economia non fa che rivelarci che il percorso di un talento
è fatto di salti, tentativi, errori, cambi repentini di rotta, faccia tosta e
fiducia in se stessi (quella vera, non quella millantata dai firewalking): puledri difficili da
tenere a bada, ma in definitiva, per quanto orientati all’affermazione
personale, elargitori di posti di lavoro e creatori di opportunità per tutti. Prendano
spunto dall’arte: nella musica i voti e i titoli non contano niente, conta il feeling, quell’empatia hard e soft che
cementa i rapporti professionali, creando stima, emulazione e vantaggi
reciproci.