Il blog di
Piero Chiappano


Ispirato a una canzone di Bruce Springsteen, Land of Hope and Dreams, questo spazio sostiene che sono la speranza e i sogni a guidare le azioni degli uomini. Chi dice che siano i soldi ha solamente vissuto male una sconfitta.
Questo spazio è dedicato al mondo del lavoro, di cui approfondisce limiti, potenzialità, contraddizioni e utilizza come chiave di lettura la musica, che diventa metafora di accesso all'autoformazione e alla consapevolezza di sé.

Land of Hope and Dreams

"This train carries saints and sinners, this train carries loosers and winners,
this train carries whores and gamblers, this train carries lost souls..."

Bruce Springsteen - Land of Hope and Dreams (2001)

martedì 6 maggio 2014

Librerie che chiudono e mercato del lavoro

Hanno buttato giù l’Odeon
E ci faranno un discount
Un altro sogno che uccidono…

cantava Eros Ramazzotti nel 1996 sulle musiche di Maurizio Fabrizio, raccontando i tempi che cambiano e rubano magia ai ricordi di gioventù.
Questa canzone mi è tornata in mente dopo aver scoperto che la libreria da cui mi fornisco abitualmente all’interno di un centro commerciale ha chiuso i battenti. Ho così realizzato che per comprare un libro che non sia l’ultimo peto di Bruno Vespa o l’ennesimo rutto di Sgarbi mi tocca farmi, da casa al negozio, qualcosa come 20-25 Km. Certo, a dire che l’editoria tradizionale è in crisi scopro l’acqua calda, ma vorrei utilizzare questo esempio per riflettere su come il mercato del lavoro sia cambiato per sempre.


La grande distribuzione è ormai una gara a sportellate tra competitors, il piccolo commercio non ha la forza finanziaria per ripartire, il made in Italy di qualità è costretto a spendere più soldi in marketing che in produzione, le “nobili” professioni (dentista, avvocato, architetto, ecc.) sono in overbooking, le multinazionali delocalizzano, lo Stato preferisce fare la carità (le famose 80€) a chi ha già un lavoro anziché varare misure vere e non propagandistiche per l’occupazione, i giovani imparano l’inglese senza conoscere l’italiano.
Personalmente credo che le aziende italiane ripartiranno, ma almeno a due condizioni:

1) devono liberarsi di una classe manageriale che è più incolta e antistorica della politica nazionale: manager privati e pubblici che devono la carriera a qualche cordata di varia estrazione (anche occulta), ottimi manutentori e garanti dello status quo, ma incapaci di prendere decisioni orientate al futuro. Bisogna avere il coraggio di valorizzare il merito e bocciare la compiacenza.

2) devono rifondare i metodi di selezione del personale: gli esperti di recruiting praticano ancora il colloquio basato sui titoli accademici, sulla presunta coerenza delle esperienze, sulle prospettive di carriera ecc. Tutte variabili adatte a selezionare dei miti esecutori, non persone creative, con idee innovative e utili per uscire dalla crisi. Mentre la storia recente dell’economia non fa che rivelarci che il percorso di un talento è fatto di salti, tentativi, errori, cambi repentini di rotta, faccia tosta e fiducia in se stessi (quella vera, non quella millantata dai firewalking): puledri difficili da tenere a bada, ma in definitiva, per quanto orientati all’affermazione personale, elargitori di posti di lavoro e creatori di opportunità per tutti. Prendano spunto dall’arte: nella musica i voti e i titoli non contano niente, conta il feeling, quell’empatia hard e soft che cementa i rapporti professionali, creando stima, emulazione e vantaggi reciproci.