Mentre scrivo, tre ragazze – età media 25 anni – si trovano in prigione per aver manifestato in musica il proprio dissenso all’inciucio Chiesa / Governo di uno dei paesi del BRIC, le economie emergenti.
Questo paese, dove il capitalismo negli ultimi venti anni ha mostrato il peggio di sé, partorendo miliardari impresentabili e improvvisati (sarà un caso che non esistono biografie imprenditoriali provenienti da quei luoghi?), dove il divario economico tra maggioranza silenziosa e minoranza strafottente si accoppia a un divario economico mostruoso, dove il contante fluisce e rifluisce con grande e inspiegabile leggerezza, questo paese, dicevo, dimostra forse meglio di qualunque altro come l’istituzione di un regime di presunta democrazia sia la carta vincente per lasciar agire sottobanco rapporti di forza raccapriccianti.
Il caso in questione è più che esemplare: tre persone vestite in modo variopinto (e non volgare) si recano in una chiesa ortodossa e intonano un brano che mescola i vespri di Rachmaninoff col punk, a sottolineare un testo che protesta contro il sostegno della chiesa al governo in carica. Il patriarca religioso invoca una pena esemplare per il sacrilegio e la magistratura lo accontenta: 2 anni filati di galera per direttissima alle tre sciagurate.
Per ora le reazioni del mondo Occidentale si sono rivelate tiepide. Significativa (e per certi versi per lei riabilitante) la protesta di Madonna che, trovandosi in quel paese per un tour, ha spiegato che un vero artista non può non occuparsi anche di politica (la quale, esattamente come l’arte, permea la vita) e ha invocato la libertà per le ragazze e la realizzazione di un mondo fondato sulla pace e la tolleranza.
“Le solite utopie da rockstar” diranno i disillusi di tutto il mondo.
A me invece piace pensare che gli utopisti non siamo noi, ma tutti quelli che sono prepotentemente convinti che sia possibile imbrigliare e imbrogliare l’intelligenza, il diritto di replica, la possibilità di vivere secondo i propri principi e non obbedendo a quelli di qualcun altro.
Sulle autorità religiose, a parte rilevare ancora una volta come nella storia abbiano brillantemente saputo assolvere la loro funzione di instrumentum regni (garanzia certa di sopravvivenza, ben più tangibile dello Spirito Santo), non ho molto da dire: basta ricordare che 2.000 anni fa i fedeli in Cristo erano chiamati a portare scandalo tra le genti mentre oggi sono i fedeli stessi a scandalizzarsi per bazzecole quali una canzone rock sconclusionata e provocatoria (peraltro né oscena né blasfema).
Mi viene in mente un episodio della storia dei Beatles: nel 1966 John Lennon si lasciò scappare una battuta nella quale affermava che i Beatles erano più famosi di Gesù Cristo. Non era neanche una sfida, era una semplice battuta, eppure le frange integraliste degli Stati Uniti (tra cui i noti intellettuali del Ku Klux Klan…) si mobilitarono al volo per bandire una crociata contro i Beatles, bruciando dischi, oggetti di merchandising, boicottando le vendite e costringendoli a eseguire i concerti sotto scorta armata.
Coi Beatles le cose si fermarono lì, qui invece 46 anni dopo si arriva a incarcerare delle giovani madri di famiglia.
La sentenza è a dir poco assurda e sproporzionata ai fatti commessi e sono convinto che sotto la pressione dell’opinione pubblica internazionale (che prenderà coraggio e aumenterà) sarà ridimensionata a breve. In ogni caso per ora a queste ragazze va il merito di aver dimostrato che attraverso il mezzo espressivo del rock si può contribuire a tener deste le coscienze e il mio augurio è che la conquista della loro sperata e giusta libertà porti fiducia a tutti coloro che nel mondo protestano contro il pensiero unico, l’invadenza del potere e l’intolleranza dei parvenues. Stay hard, girls!