Il blog di
Piero Chiappano


Ispirato a una canzone di Bruce Springsteen, Land of Hope and Dreams, questo spazio sostiene che sono la speranza e i sogni a guidare le azioni degli uomini. Chi dice che siano i soldi ha solamente vissuto male una sconfitta.
Questo spazio è dedicato al mondo del lavoro, di cui approfondisce limiti, potenzialità, contraddizioni e utilizza come chiave di lettura la musica, che diventa metafora di accesso all'autoformazione e alla consapevolezza di sé.

Land of Hope and Dreams

"This train carries saints and sinners, this train carries loosers and winners,
this train carries whores and gamblers, this train carries lost souls..."

Bruce Springsteen - Land of Hope and Dreams (2001)

martedì 21 agosto 2012

Free Pussy Riot!!!

Mentre scrivo, tre ragazze – età media 25 anni – si trovano in prigione per aver manifestato in musica il proprio dissenso all’inciucio Chiesa / Governo di uno dei paesi del BRIC, le economie emergenti.
Questo paese, dove il capitalismo negli ultimi venti anni ha mostrato il peggio di sé, partorendo miliardari impresentabili e improvvisati (sarà un caso che non esistono biografie imprenditoriali provenienti da quei luoghi?), dove il divario economico tra maggioranza silenziosa e minoranza strafottente si accoppia a un divario economico mostruoso, dove il contante fluisce e rifluisce con grande e inspiegabile leggerezza, questo paese, dicevo, dimostra forse meglio di qualunque altro come l’istituzione di un regime di presunta democrazia sia la carta vincente per lasciar agire sottobanco rapporti di forza raccapriccianti.
Il caso in questione è più che esemplare: tre persone vestite in modo variopinto (e non volgare) si recano in una chiesa ortodossa e intonano un brano che mescola i vespri di Rachmaninoff col punk, a sottolineare un testo che protesta contro il sostegno della chiesa al governo in carica. Il patriarca religioso invoca una pena esemplare per il sacrilegio e la magistratura lo accontenta: 2 anni filati di galera per direttissima alle tre sciagurate.


Per ora le reazioni del mondo Occidentale si sono rivelate tiepide. Significativa (e per certi versi per lei riabilitante) la protesta di Madonna che, trovandosi in quel paese per un tour, ha spiegato che un vero artista non può non occuparsi anche di politica (la quale, esattamente come l’arte, permea la vita) e ha invocato la libertà per le ragazze e la realizzazione di un mondo fondato sulla pace e la tolleranza.
“Le solite utopie da rockstar” diranno i disillusi di tutto il mondo.
A me invece piace pensare che gli utopisti non siamo noi, ma tutti quelli che sono prepotentemente convinti che sia possibile imbrigliare e imbrogliare l’intelligenza, il diritto di replica, la possibilità di vivere secondo i propri principi e non obbedendo a quelli di qualcun altro.
Sulle autorità religiose, a parte rilevare ancora una volta come nella storia abbiano brillantemente saputo assolvere la loro funzione di instrumentum regni (garanzia certa di sopravvivenza, ben più tangibile dello Spirito Santo), non ho molto da dire: basta ricordare che 2.000 anni fa i fedeli in Cristo erano chiamati a portare scandalo tra le genti mentre oggi sono i fedeli stessi a scandalizzarsi per bazzecole quali una canzone rock sconclusionata e provocatoria (peraltro né oscena né blasfema).
Mi viene in mente un episodio della storia dei Beatles: nel 1966 John Lennon si lasciò scappare una battuta nella quale affermava che i Beatles erano più famosi di Gesù Cristo. Non era neanche una sfida, era una semplice battuta, eppure le frange integraliste degli Stati Uniti (tra cui i noti intellettuali del Ku Klux Klan…) si mobilitarono al volo per bandire una crociata contro i Beatles, bruciando dischi, oggetti di merchandising, boicottando le vendite e costringendoli a eseguire i concerti sotto scorta armata.


Coi Beatles le cose si fermarono lì, qui invece 46 anni dopo si arriva a incarcerare delle giovani madri di famiglia.
La sentenza è a dir poco assurda e sproporzionata ai fatti commessi e sono convinto che sotto la pressione dell’opinione pubblica internazionale (che prenderà coraggio e aumenterà) sarà ridimensionata a breve. In ogni caso per ora a queste ragazze va il merito di aver dimostrato che attraverso il mezzo espressivo del rock si può contribuire a tener deste le coscienze e il mio augurio è che la conquista della loro sperata e giusta libertà  porti fiducia a tutti coloro che nel mondo protestano contro il pensiero unico, l’invadenza del potere e l’intolleranza dei parvenues. Stay hard, girls!

mercoledì 1 agosto 2012

Thrasher - La trebbiatrice di Neil Young

Nel 1979 Neil Young pubblica Rust Never Sleeps, uno dei suoi album più famosi in cui alterna, in piena fedeltà al bipolarismo artistico che lo contraddistingue, brani acustici e rock virulenti. Tra i primi si segnala Thrasher (Trebbiatrice), ballata dall’incedere dylaniano, eseguita con Taylor 12 corde e armonica a bocca.

Neil Young nel 1979
La trebbiatrice sta a Neil Young come la livella sta a Totò: è la resa dei conti. Alla quale, sostiene il cantautore canadese, bisogna arrivare preparati. La virtù che viene indicata come essenziale è la coerenza, esperita attraverso un percorso di ricerca, messa in discussione e solitudine. Non esiste un punto d’arrivo, ma una continua rifocalizzazione degli obiettivi in funzione dei traguardi raggiunti. Una corsa spontanea verso il miglioramento e un’accettazione critica del cambiamento. Critica perché il cambiamento presuppone coraggio, responsabilità, scelte difficili, rottura di legami, ridefinizione dei ruoli, passi falsi, rimpianti. A cui si aggiunge l’amarezza di constatare la scelta di tanti, partiti con noi e poi rimasti a coltivare campi insteriliti:

Dove l'aquila sale planando nell'aria c'è un antico fiume che si insinua
Nell'eterna gola dei cambiamenti, dove l'insonnia attende.
Ho cercato i miei compagni perduti in canyon di cristallo
Quando la vuota lama della scienza ha sbarrato le porte del paradiso

Lì ho capito di averne avuto abbastanza, ho prosciugato la carta di credito per la benzina
Diretto dove l'asfalto diventa sabbia
Con un biglietto di sola andata per la terra della verità e la valigia in mano
Come ho perso i miei amici ancora non lo capisco

Avevano la miglior scelta, sono stati avvelenati dalla protezione
Non c'era niente di cui avevano bisogno, nient'altro da trovare
Si sono persi in formazioni rocciose o diventando mutazioni di panchine del parco
Sui marciapiedi e nelle stazioni stavano aspettando, aspettando

Quindi mi sono stancato e li ho lasciai lì, erano solo un peso morto per me
Meglio essere in strada senza quel carico…

Un messaggio potente per i tempi attuali. Chi non si rinnova soccombe, chi non evolve si involve, chi si ferma regredisce. E difatti Neil Young, alla tenera età di 67 anni, è ancora in piena attività artistica e sforna dischi con il ritmo di uno all’anno. La maggior parte dei suoi sodali dei bei tempi di Woodstock invece si trova relegata in un ambito revivalistico e di secondo piano (le "formazioni rocciose" del testo alludono ai gruppi rock che ripetono da una vita i soliti cliché). Perché loro si sono adagiati sui risultati, scambiando la partenza per l’arrivo:

Il motel dei compagni perduti attende con la piscina riscaldata e il bar
Ma io non mi ci fermerò, ho già il mio filare da zappare
Solo un altro solco nel campo del tempo
Quando la trebbiatrice arriverà io sarò ancora nel sole come i dinosauri nei santuari
Ma saprò che è arrivato il tempo di dare ciò che è mio.

I tempi cambiano e noi cambiamo con loro, questo è scontato. Ma, dice Neil Young, un potere ce l’abbiamo tutti: quello di scegliere come cambiare.