Nel 1954 Leo Fender inizia a commercializzare un nuovo modello di chitarra elettrica solid body, la Fender Stratocaster, che innova rispetto alla Telecaster sotto il profilo estetico e tecnico.
Sul piano estetico viene privilegiata l’ergonomia: il corpo viene scavato nel profilo posteriore alto affinché sia più anatomico e cioè aderente al ventre del chitarrista, il manico viene profilato in modo più accurato, anche la spalla superiore del corpo viene scavata e ciò slancia la forma della chitarra che ora prende le sembianze di un oggetto in movimento, alla fine del manico viene sistemata una nuova paletta che ricorda da vicino il prototipo di Paul Bigsby. Sul piano tecnico la Stratocaster viene dotata di un terzo pickup in posizione centrale per aumentare la gamma sonora e viene innestata la leva del vibrato direttamente sul ponte a sua volta tenuto in stabilità da un gruppo di molle poste sulla schiena della cassa, infine viene aggiunto un ulteriore controllo di tono.
Sotto il profilo dell’innovazione sembra che con la Stratocaster si sia ritornati a prassi più normali, vale a dire che a un notevole breakthrough tecnologico fanno seguito costanti miglioramenti suggeriti dall’uso degli endorsers e degli appassionati. In realtà anche in questo caso avvengono fatti rilevanti e inaspettati.
Se da un lato la Fender Stratocaster finisce sulle enciclopedie di design come esempio di bello stile artigianale, dall’altro sono i musicisti stessi a spiegare a Leo Fender cosa era stato in grado di progettare. La Stratocaster ad esempio si rivela uno strumento estremamente versatile e dalle possibilità espressive che sembrano dilatabili all’infinito: dai suoni squillanti di Buddy Holly a quelli riverberati e vibrati di Hank Marvin per arrivare alle distorsioni lancinanti di Jimi Hendrix occorrono solo quindici anni, un periodo durante il quale la nuova creazione di Leo Fender contribuisce all’evoluzione stilistica del chitarrismo elettrico, favorendo esplorazioni sonore e sperimentazioni che vanno dalla musica psichedelica (Dave Gilmour) all’hard rock (Ritchie Blackmore), passando per il blues (Buddy Guy), il blues rock (Eric Clapton, Rory Gallagher), country rock (Mark Knopfler) fino alla discomusic di classe di Nile Rodgers con i suoi Chic. Altro fatto non secondario e questa volta sotto il profilo del costume: le forme sinuose e vagamente “femminili” della Fender Stratocaster trasformano la chitarra in una metafora sessuale, un oggetto del desiderio sfuggente e difficile da domare, procacciando la nascita della figura del guitar hero, il musicista che “può” dove gli altri nemmeno osano.
Se da un lato la Fender Stratocaster finisce sulle enciclopedie di design come esempio di bello stile artigianale, dall’altro sono i musicisti stessi a spiegare a Leo Fender cosa era stato in grado di progettare. La Stratocaster ad esempio si rivela uno strumento estremamente versatile e dalle possibilità espressive che sembrano dilatabili all’infinito: dai suoni squillanti di Buddy Holly a quelli riverberati e vibrati di Hank Marvin per arrivare alle distorsioni lancinanti di Jimi Hendrix occorrono solo quindici anni, un periodo durante il quale la nuova creazione di Leo Fender contribuisce all’evoluzione stilistica del chitarrismo elettrico, favorendo esplorazioni sonore e sperimentazioni che vanno dalla musica psichedelica (Dave Gilmour) all’hard rock (Ritchie Blackmore), passando per il blues (Buddy Guy), il blues rock (Eric Clapton, Rory Gallagher), country rock (Mark Knopfler) fino alla discomusic di classe di Nile Rodgers con i suoi Chic. Altro fatto non secondario e questa volta sotto il profilo del costume: le forme sinuose e vagamente “femminili” della Fender Stratocaster trasformano la chitarra in una metafora sessuale, un oggetto del desiderio sfuggente e difficile da domare, procacciando la nascita della figura del guitar hero, il musicista che “può” dove gli altri nemmeno osano.
Dal punto di vista del marketing e più in generale del business la Fender Stratocaster si rivela come il prodotto perfetto: seducente, evocativo, elegante, ma anche comodo, pratico, versatile e accessibile nei costi. Un mix ideale in grado di attraversare la segmentazione del mercato per farsi abbracciare dai principianti come dai professionisti, regalando la consapevolezza che a fare la differenza sarà la simbiosi che l’esecutore saprà creare con il suo strumento. Proprio questo aspetto, cioè l’idea che il protagonista sarà comunque l’uomo, assecondato di volta in volta negli umori della performance dal servizio della sua Stratocaster, fa della realizzazione di Leo Fender una metafora vincente e sempre attuale del successo da imitare. La Fender Stratocaster è un prodotto equilibrato, misurato, pensato e vissuto, che veste di morbida bellezza le esigenze dei musicisti dando la sensazione di essere costruito su misura per portarli in un mondo a dimensione di sogno.
A ciascuno il suo sogno, oggi meglio di ieri e domani meglio di oggi. E allora (ma c’è bisogno di chiederlo ai nostri manager?), parafrasando un nota battuta del gergo del marketing, si vende la chitarra elettrica o il suono perfetto?
Il mancino Jimi Hendrix imbraccia una delle sue Fender Stratocaster sul palco di Woodstock (1969) |