Il blog di
Piero Chiappano


Ispirato a una canzone di Bruce Springsteen, Land of Hope and Dreams, questo spazio sostiene che sono la speranza e i sogni a guidare le azioni degli uomini. Chi dice che siano i soldi ha solamente vissuto male una sconfitta.
Questo spazio è dedicato al mondo del lavoro, di cui approfondisce limiti, potenzialità, contraddizioni e utilizza come chiave di lettura la musica, che diventa metafora di accesso all'autoformazione e alla consapevolezza di sé.

Land of Hope and Dreams

"This train carries saints and sinners, this train carries loosers and winners,
this train carries whores and gamblers, this train carries lost souls..."

Bruce Springsteen - Land of Hope and Dreams (2001)

lunedì 21 novembre 2011

L'Alberoni del rock

Su segnalazione di un amico ho appena letto l’articolo di prima pagina che Francesco Alberoni ha scritto sul Corriere della Sera in data 01 agosto 2011. Fin dal titolo Il rock, la trasgressione e la stagione delle droghe il sociologo stabilisce una relazione inappellabile di causa-effetto tra musica rock e diffusione delle droghe. Godiamoci la profondità del trattato:

“Tutta la musica italiana, anche negli anni Sessanta, da Modugno a Endrigo a Mina a Battisti, esprime i sentimenti abituali, l’amore. Il rock no. È americano, nasce dall’espansione di sé, dal superamento delle emozioni normali. È espressione di esperienze parossistiche possibili solo con la droga… Tutto è nato negli anni Sessanta negli Stati Uniti e in Inghilterra con una rivoluzione dei valori, del costume, della musica e la contemporanea diffusione dell’Lsd, dell’eroina, della marijuana, della cocaina. Da allora l’uso delle droghe ha continuato a crescere. Oggi ha cambiato le relazioni tra i sessi e non solo nelle discoteche e nei droga party. E modifica le relazioni sociali perché numerosi professionisti che usano quotidianamente cocaina sono diventati emotivamente indifferenti e mostrano una esagerata sicurezza”.

Rispondiamo con ordine:
1)      Il rock non è nato negli anni  Sessanta, ma attorno al 1954 dalle parti di Memphis, Tennessee e vive un breve quinquennio di fulgore assoluto grazie ad artisti come Elvis Presley, Chuck Berry, Little Richard, Jerry Lee Lewis, Bo Diddley, Carl Perkins, Buddy Holly.
2)      Il rock è stato senza dubbio un fenomeno di business corrispondente all’individuazione di un nuovo target di mercato – gli adolescenti americani – ma nello stimolare “l’espansione di sé” e “il superamento delle emozioni normali” non ha fatto altro che riconnettere la musica popolare alla natura più profonda e mitica della funzione artistica (si pensi a Nietzsche e ai suoi studi giovanili sul dionisismo e sul rapporto musica-tragedia) e, se vogliamo essere radicali, possiamo arrivare a dire che il rock non ha fatto altro che rendere mainstream temi e modi già ampiamente diffusi e condivisi nella cultura afro-americana (basta leggere i testi di Robert Johnson per rendersi conto che l’hard rock dei Led Zeppelin non ha inventato nulla).
3)      Negli anni Sessanta il rock modifica la sua destinazione e da fenomeno di evasione diventa veicolo di proposte sociali (da Bob Dylan a Woodstock), dando voce, immagine e significato a un modo di intendere la vita pericolosamente distante dalla celebrazione del sogno americano e per questo inviso ai poteri forti (ben tutelati dalla C.I.A.)
4)      Le droghe erano già ampiamente diffuse nei decenni precedenti in altri ambiti musicali come il rhythm & blues (Ray Charles), il jazz (Charlie Parker), il country (Hank Williams).
5)      La musica europea continentale degli anni Sessanta era penosamente ridicola e passatista rispetto alla  frontiera anglo-americana e in ogni caso c’è modo e modo di celebrare l’amore: non si può certo paragonare l’amore di Luigi Tenco e Jacques Brel a quello di Edoardo Vianello e Rocco Granata.
6)      Le personalità musicali distrutte dalla droga erano in gran parte già minate fin dall’infanzia da situazioni famigliari disperate: così come il temperamento artistico può essere stato favorito dalla sperimentazione di un disagio profondo, non si può escludere che la droga sia stata la conseguenza / risposta errata alla spersonalizzazione provocata dall’incapacità di gestire in solitudine un successo totalizzante e inaspettato (come spiega Ivano Fossati nel recente testo biografico Tutto questo futuro, l’alianazione da rockstar è un fenomeno tutto anglo-americano).
7)      I professionisti “emotivamente indifferenti” e “che mostrano un’eccessiva sicurezza” esistono in tutte le aziende orientate pancia a terra al profitto e il loro potere è direttamente proporzionale allo spadroneggiare di un’etica inversa (si ascolti Il rubacuori dei Tiromancino e La guerra dell’acqua di Ivano Fossati): se proprio bisogna istituzionalizzare un colpevole lascerei stare sia la musica rock che le droghe e metterei sotto accusa la disinvoltura con cui le business school delineano carriere nel mondo della finanza ed evitano ogni abbozzo alla moralità o più semplicemente al pensiero sociale.

Credo insomma che il professor Alberoni non ne esca benissimo e che anzi induca la fastidiosa sensazione che gli intellettuali (soprattutto i tuttologi) siano abbastanza superflui se spiegano così male i tempi in cui viviamo.  Qui poi mi sembra si voglia demonizzare quello che non si comprende e quindi si teme di non poter controllare, che poi è la libertà di pensiero e di parola, che quando è cantata suona meglio e arriva prima.


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