Il casting per le voci e la registrazione delle parti vocali di Yes I Am hanno offerto una serie di spunti di riflessione utili al manager d’azienda.
La scelta delle voci è avvenuta in base a un effetto desiderato che era fin dall’inizio chiaro nella mente di Franco Mussida (confezionare un prodotto che, passato per radio o in tv, non avrebbe mai lasciato intendere che a interpretare fossero cantanti non professionisti). Gli elementi discriminanti sono stati: intonazione, timbro, estensione. Se sul primo di questi elementi nulla si poteva fare, sugli altri due si è potuto lavorare in base al gusto del direttore e alla disponibilità dei cantanti. Per ottenere quest’ultima (che innanzitutto, trattandosi di non professionisti, prevede che la voce si “spogli” delle sue sovrastrutture di pensiero e dei condizionamenti socioculturali) Mussida ha dovuto creare un rapporto di stima e fiducia. Come ha fatto? Dimostrando esperienza, competenza, capacità di comunicazione. In altre parole ha creato agio. Ciò ha permesso di ottenere il meglio da ognuno in tempo reale e di fronte ai colleghi. Mussida ha chiarito subito le pari opportunità e ha fatto sì che le qualità di ognuno emergessero in maniera evidente. La scala di valori non è stata fondata su una capacità vocale assoluta (ovviamente per i solisti un po’ di confidenza con la vocalità si è dovuta celebrare), ma sulla “voce giusta al posto giusto”: in questo modo, più che selezionati, direi che sono emersi solisti, seconde voci e coro.
Per ogni persona Mussida ha avuto il riguardo di spiegare le ragioni di una decisione, sempre pubblicamente e sempre con garbo. Ogni ragazzo ha avuto la possibilità di confrontarsi e un “no” non è mai stato vissuto come una condizione di inferiorità, ma come un’opportunità per trovare la giusta collocazione. Come è vero che un orologio rotto segna l’ora esatta due volte al giorno così Mussida ha dimostrato che la musica è un terreno di prova che restituisce feedback molto oggettivi e che non scarta praticamente mai in senso assoluto, ma contestualizza creando consapevolezza.
Dal punto di vista operativo vale il detto “chi ben comincia…”: sono i vocalizzi d’insieme, che si svolgono (apparentemente!) per scaldare le voci, che permettono al direttore di capire e far capire quale strada prenderà il coro. Quando poi ci si trovava davanti al microfono con un paio di cuffie in testa e i colleghi lì a guardare, a quel punto era Mussida a dare la sicurezza necessaria, accompagnando ogni osservazione personale con l’ascolto ripetuto, in modo che il cantante potesse ragionare sui fatti e non sulle impressioni. Così si migliora e si sviluppa il potenziale.
Nella musica, in progetti come questo di Yes I Am, si realizza tutto in pochi giorni, nelle aziende i tempi sono altri perché i risultati si costruiscono su tempi medio-lunghi. Ma in concreto cosa cambia? Nulla: il lavoro di Mussida è stato soprattutto coaching e valutazione della performance, prerogative dei manager di valore, attività condotte con professionalità esemplare in cui carisma, genialità ed esperienza si sono fuse generando passione e sano spirito emulativo.
Franco Mussida mentre dirige |
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