Procediamo con ordine: in principio fu John Steinbeck, che creò il soggetto e lo fece protagonista del suo romanzo Furore (1939); l’anno successivo uscirono l’adattamento cinematografico del libro per la regia di John Ford e quello musicale ad opera di Woody Guthrie (la ballata intitolata Tom Joad); nel 1995 il secondo album acustico della carriera di Bruce Springsteen sarà trainato da un brano venuto fuori dalle trincee della coscienza, The Ghost of Tom Joad, che darà il titolo all’intero lavoro.
La storia di Tom Joad si svolge al tempo della Grande Depressione ed è la storia di tanti eroi sconosciuti che non chinano la testa di fronte al sistema che ha generato la loro miseria. Bruce riambienta la vicenda ai tempi nostri: lo spettacolo esibito agli occhi di un emigrante degli anni Novanta non è poi così diverso da quello che toccava in sorte a un Okie degli anni Trenta. Anche perché il vero paesaggio è quello interiore e i chiaroscuri dell’animo umano sono sempre gli stessi, resi forse più malinconici dalle proporzioni planetarie del fenomeno e dal fallimento di quello che qualcuno si ostina ancora a chiamare progresso:
Benvenuti nel Nuovo Ordine Mondiale,
nel sud est ci sono famiglie che stanno dormendo nelle loro auto,
niente casa, niente lavoro, niente pace, niente riposo.
Così il protagonista della canzone si accovaccia davanti al fuoco e, inseguendo le morbide lingue lucenti che si innalzano al cielo, cerca il fantasma di Tom Joad mentre ricorda le parole con cui quest’ultimo si congedò dalla madre:
«Mamma, dovunque c’è un poliziotto che sta picchiando un ragazzo,
dovunque c’è un neonato affamato che piange,
dove c’è una battaglia contro il proprio sangue e c’è odio nell’aria,
cercami mamma, io sarò lì.
Dovunque c’è qualcuno che sta lottando per un posto dove stare
o un lavoro decente o una mano che l’aiuta,
dovunque qualcuno sta combattendo per essere un uomo libero,
guarda nei suoi occhi, mamma, e mi vedrai».
È una canzone sui diritti civili, viene da dire, ma forse è qualcosa in più: descrive una scelta, un biglietto di sola andata, una patto con se stessi ed è anche un monito per tutti quelli che nelle aziende vedono il valore "giustizia" subire le offese di qualche capetto prepotente e lasciano che l'indifferenza seppellisca l'indignazione. Sicuramente è una canzone da ascoltare al buio: la chitarra sembra registrata due stanze più in là, la voce sembra farsi largo come un piccolo ragno tra le assi del parquet e l’armonica, beh, se l’anima ha un suono, penso sia proprio quello che si ascolta qui dentro.
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