Sono rimasto molto colpito dall’omelia che il Papa ha tenuto
in San Pietro nella Domenica delle Palme. Ha parlato a braccio per pochi minuti
caricando il discorso di una drammatica semplicità che non lascia scampo
neanche all’ascoltatore più distratto. Intervenuto dopo la lettura della
Passione secondo il Vangelo di Matteo, Papa Francesco ha ripreso tutti i
protagonisti della vicenda, assolutizzando il primo pronome personale e
chiedendo ogni volta “Chi sono io?”. Ne è risultato un esame di coscienza
personale in cui si incarna il senso della vita. Tutti i protagonisti della
Passione sono stati eretti a simbolo di altrettanti comportamenti umani,
laddove l’uomo contemporaneo è chiamato a descrivere chi ha scelto di essere.
Non c’è scampo, non ci sono mezze misure: tutti almeno una volta nella vita
siamo stati qualcuno di loro, e lo siamo stati volontariamente, per sola,
esclusiva nostra responsabilità. Ecco un estratto dell’omelia:
“Chi sono io davanti a Gesù che soffre? Abbiamo sentito
tanti nomi, tanti nomi, il gruppo dei dirigenti, alcuni sacerdoti,alcuni
farisei, maestri della legge che avevano deciso di ucciderlo, aspettavano
l’opportunità di prenderlo. Sono io cme uno di loro? Anche abbiamo sentito un
altro nome, Giuda, trenta monete, sono io come Giuda? Abbiamo sentito altri
nomi, discepoli che non capivano niente, che si addormentavano mentre il
signore soffriva. La mia vita è addormentata? O sono come i discepoli, che non
capivano cosa fosse tradire Gesù? O come quell’altro discepolo che voleva
risolvere tutto con la spada? Sono io come loro? Sono io come Giuda che fa
finta di amare e bacia il maestro per consegnarlo? Per tradirlo? Sono io
traditore? Sono io come quei dirigenti che di fretta fanno il tribunale e
cercano falsi testimoni? Sono io come loro? E quando faccio queste cose, se io
le faccio, credo che con questo salvo il popolo? Sono io come Pilato che quando
vedo che la situazione è difficile me ne lavo le mani? E non so assumere la mia
responsabilità e lascio condannare o condanno io le persone?... Sono io come questi
dirigenti che il giorno seguente andati da Pilato per dire ‘ma guardi che
questo diceva che resusciterebbe, ma che non venga un altro inganno’ e bloccano
la vita, bloccano il sepolcro, per difendere la dottrina, perché la vita non
venga fuori? Dov’è il mio cuore, a quale di queste persone assomiglio?”
Non voglio aggiungere nulla al richiamo, in sé perfetto, in
cui ognuno può rintracciare per metafora situazioni che sul lavoro almeno una
vota ha vissuto. Mi limito a ricordare una canzone degli Who del 1978, Who Are You, dove il protagonista, in
palese crisi di identità a causa di una vita dominata dagli eccessi, continua a
chiedersi ossessivamente “Chi sei tu?”. Ad un certo punto Roger Daltrey canta
queste parole:
So che c’è un posto dove cammini
Dove l’amore scende dagli alberi
Mi sento bene solamente in ginocchio
Il mio cuore è come una tazza rotta
Ho sputato come un buco della fognatura
Eppure ancora ricevo il tuo bacio
Come posso essere all’altezza di qualcuno
Dopo un amore come questo?
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Roger Daltrey e Pete Townshend (The Who) in una recente esibizione |
E la mente corre ai protagonisti positivi della Passione: dalle donne coraggiose che soffrivano in silenzio a Simone di Cirene, a Giuseppe di Arimatea e a tutto quello che è successo dopo per opera di chi ha fatto della dignità umana una questione capitale.