Il blog di
Piero Chiappano


Ispirato a una canzone di Bruce Springsteen, Land of Hope and Dreams, questo spazio sostiene che sono la speranza e i sogni a guidare le azioni degli uomini. Chi dice che siano i soldi ha solamente vissuto male una sconfitta.
Questo spazio è dedicato al mondo del lavoro, di cui approfondisce limiti, potenzialità, contraddizioni e utilizza come chiave di lettura la musica, che diventa metafora di accesso all'autoformazione e alla consapevolezza di sé.

Land of Hope and Dreams

"This train carries saints and sinners, this train carries loosers and winners,
this train carries whores and gamblers, this train carries lost souls..."

Bruce Springsteen - Land of Hope and Dreams (2001)

mercoledì 2 febbraio 2011

Coaching e musica leggera

“Coaching” è un termine che adombra una molteplicità di significati e approcci. Nell’accezione più operativa, sensata e meno sensazionalista possibile, mi piace definirla come una pratica messa in atto da un facilitatore che, attraverso lo strumento del dialogo, porta il discente a trovare da solo il modo per colmare i suoi gap, dopo aver acquisito consapevolezza e assunto responsabilità.
Il coaching si applica a tutte quelle situazioni in cui un collaboratore ha bisogno di essere riallineato rispetto ai suoi obiettivi, ascoltato e capito rispetto a una situazione personale, sensibilizzato allo sviluppo di alcune competenze utili al miglioramento della performance. Se condotta con criterio, si tratta di una pratica per niente invasiva e assolutamente costruttiva. Ciò accade in particolare quando il coach si limita a far luce sugli elementi in gioco e a presentare punti di vista differenti, lasciando che sia il collaboratore, stimolato da domande opportune, a razionalizzare il suo stato fisico-emotivo-psicologico o più spesso a identificare uno stato di fatto reale, un ambiente, un contesto situazionale.
Successo e insuccesso del coaching dipendono quasi esclusivamente dalla qualità del coach e dalla sua capacità di sottolineare i tratti salienti del processo in atto. A questo punto può entrare in gioco la musica, perché ci sono molte canzoni anche italiane che trattano temi affini alle implicazioni del coaching. Tralasciando i casi estremi che trattano di suicidio come Meraviglioso di Domenico Modugno (canzone riportata in auge dai Negramaro), Breve invito a rinviare il suicidio di Franco Battiato, Non devi dire mai più di Gianni Togni, …E dimmi che non vuoi morire di Patty Pravo, Guardati indietro di Umberto Tozzi, e i testi retorizzanti di Un giorno migliore di Paolo Belli e Non mollare mai di Gigi D’Alessio, incontriamo finalmente qualche canzone adatta ai nostri scopi.
Uno su mille di Gianni Morandi –  il cantante-coach per eccellenza (“Dai che ce la fai!”), interpreta con convinzione un testo intenso, spalmato su una musica d’immediato impatto: «Tu non sai che peso ha questa musica leggera / ti ci innamori e vivi ma ci puoi morire quando è sera».
Non farti cadere le braccia di Edoardo Bennato – l’autore ricorda la sua adolescenza napoletana e la mamma che gli grida: «Non devi voltare la faccia / non arrenderti né ora né mai».
Un giorno credi di Edoardo Bennato – un classico della musica leggera che dipinge lo scarto tra ciò che dovrebbe essere e ciò che purtroppo è: «Mentre tu sei l’assurdo in persona / e ti vedi già vecchio e cadente…».
La leva calcistica della classe ’68 di Francesco De Gregori – il piccolo Nino, calciatore in erba, viene allineato su ciò che realmente è importante: non la trasformazione di un calcio di rigore, ma il coraggio, l’altruismo e la fantasia.
Ragazzo mio di Luigi Tenco – in un dialogo immaginario una mamma spiega al figlio la differenza tra l’uomo e l’acchiappanuvole e gli ricorda che «Appena si alza il mare / gli uomini senza idee / per primi vanno a fondo».
Nun me portà a casa di Franco Califano – il maestro dà il meglio di sé imbastendo uno struggente monologo in endecasillabi: la storia di un alcolizzato che racconta la sua situazione a un amico e grazie alla capacità di ascolto  di quest’ultimo (in questa canzone il coach non parla mai) arriva da solo a trovare un motivo per tornare dalla moglie e ricominciare da zero.
L’elenco ovviamente non è esaustivo, ma spero sia sufficiente per inquadrare il tema secondo una prospettiva popolare e vicina alla realtà e per sostenere la tesi che il coaching produce risultati stabili e non estemporanei solo quando trova il modo di accarezzare l’intimità psicologica di una persona, senza vincolarla a standard di pensiero che la allontanano dalla naturalità del proprio essere.

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