Ormai da alcuni anni consulenti e formatori aziendali invitano la popolazione aziendale ad appropriarsi del concetto di customer experience, che rispetto al customer service porta a una serie di approfondimenti significativi. Se nella concezione consueta ci si concentra su come si eroga una prestazione, con la customer experience si crea il focus su ciò che il cliente prova mentre sperimenta il servizio. È infatti l’esperienza a determinare il valore di un servizio, non il servizio in sé: lo stesso caffè bevuto in una stazione ferroviaria e in piazza San Marco a Venezia avrà un prezzo sensibilmente diverso proprio perché i contesti ispirano contenuti differenti, con l’approvazione del cliente che è spontaneamente portato a cogliere e giustificare la differenza tra valore d’uso di un bene/servizio e suggestività del vissuto.
Detto questo, possiamo arrivare a definire la customer experience come la capacità di un’azienda di coinvolgere emotivamente il cliente facendogli vivere un’esperienza che sia personalizzata, memorabile, di cambiamento. Quanto più questi concetti saranno sviluppati e tanto più il valore giustificherà il prezzo.
I musicisti rock sono stati tra i primi a capire l’importanza della customer experience, pur senza bisogno di apparati teorici.
Perché un concerto rock può permettersi di costare anche più di dieci volte il prezzo di un greatest hits? Perché soddisfa esigenze diverse. Se infatti nel caso della compilation si appaga la percezione estetica, nel caso del concerto si crea un contatto quasi fisico col pubblico che rende il momento unico, da ricordare, tramandare e associare a un particolare momento di vita e spesso crea la forte sensazione di uscirne rigenerati e trasformati. In più il concerto rock assume il significato di testimonianza aggregativa di una comunità che si riconosce in determinate linee di comportamento e di condivisione di valori, confermando identità e appartenenza. Non sorprende quindi che proprio i musicisti rock abbiano fatto passi in avanti in questa direzione.
Bruce Springsteen ad esempio, accorgendosi dei tanti fan che portavano i bambini ai concerti tenendoli sulle spalle, ha avuto l’idea nel corso dei tour dell’ultimo decennio di farne salire sul palco uno ogni sera per cantare una strofa di Waitin’ on a Sunny Day.
Similmente gli U2 nel corso del loro 360° Tour (2009-2011), hanno più volte ospitato sul palco fan che dalle prime file esponevano un cartello con scritte del tipo: “May I play your guitar?”. Bono, tra lo stupore e l’invidia generale, consegnava la sua preziosissima Gretsch verde metallizzato al fan che accompagnava il cantante in All I Want Is You o in altre ballad .
Un esempio di carattere diverso, ma sempre legato alla customer experience, riguarda l’idea di alcuni produttori di chitarre come Fender e Gibson di realizzare modelli famosi con specifiche modifiche dettate da guitar heroes e accompagnati dal loro autografo serigrafato o inciso sulla tastiera ( i cosiddetti modelli signature). Questo per far sì che l’aspirante chitarrista viva più intimamente il feeling coi suoi modelli stilistici di riferimento, avvicinandosi alle loro sonorità e al loro approccio allo strumento.
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Fender Stratocaster John Mayer signature |
Un’altra nota può riguardare la catena internazionale di pub Hard Rock Cafe: qui la consumazione tradizionale diventa un pretesto per sentirsi proiettati in un mondo alternativo creato grazie ai memorabilia rock, che realizza un considerevole upselling con le t-shirt indicanti il logo e il luogo dell’acquisto.
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