Su TED TV mi sono imbattuto in una conference di Kirby
Ferguson, un giovane americano esperto in media technology che porta avanti
un’idea secondo la quale il processo creativo non sia patrocinato da fattori
puramente ispirativi, bensì determinato dal convergere di tre fattori:
COPIARE, TRASFORMARE,
COMBINARE.
Per illustrare la sua teoria, Ferguson si avvale di numerosi
esempi tratti dalla musica folk. In particolare svela come Bob Dylan, il suo
mentore Woody Guthrie e i vecchi bluesman considerassero normale e
perfettamente lecito utilizzare del materiale musicale e testuale preesistente
per presentarlo secondo una veste aggiornata e rimodellata. In pratica non si
tratterebbe di commettere un plagio bello e buono (per quello fanno scuola i
Led Zeppelin che nei primi album riproducevano intere sequenze mutuate da altri
senza denunciarne le fonti), ma di una “rimasticazione” che si avvale anche di
apporti originali.
Procedendo di questo passo si arriva, in tempi più recenti,
al remix, tecnica secondo la quale dalla combinazione di prodotti media già
esistenti se ne crea uno nuovo (un esempio molto noto è costituito da All Summer Long di Kid Rock, canzone
nata grazie al cospicuo apporto di Werewolves
in London di Warren Zevon e di Sweet
Home Alabama dei Lynyrd Skynyrd).
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Kirby Ferguson |
È un po’ la storia che si può constatare nell’evoluzione dei
personal computer e degli smartphone con il conseguente successo planetario di
Steve Jobs, dove il prodotto effettivamente acquistato proviene dalla sapiente
combinazione di brevetti precedenti. Così come analogamente meritano di essere
ricordate le italiche intuizioni di Adriano Olivetti a proposito delle sue
macchine per scrivere.
Quello che vuole sottolineare Ferguson è che la cosiddetta
proprietà intellettuale, tutelata dalle legislazioni di tutto il mondo, a ben
indagare sarebbe molto difficile da dimostrare in quanto a genuinità, proprio
perché il mondo è da sempre interconnesso e gli scambi di concetti viaggiano
molto più rapidamente della nostra consapevolezza in merito. Eliminare la
tutela, che fondamentalmente esiste per scopi commerciali, permetterebbe la
promozione libera e agile di tutte quelle idee che effettivamente sono in grado
di incidere sul bene comune, creando un meccanismo di selezione naturale favorevole
a ciò che effettivamente aiuta a stare meglio.
La questione è tanto complessa quanto utopica e forse
bisognerebbe distinguere con intelligenza gli ambiti di applicazione (se, ad
esempio, si toglie la proprietà intellettuale agli autori impegnati in vari
rami artistici,di cosa potrebbero mai vivere queste persone spesso benemerite?),
sicuramente però la riflessione stimolata da Ferguson è tutt’altro che banale
perché la sua soluzione contribuirebbe a migliorare la qualità della vita (si
pensi al prezzo di molti farmaci salvavita di cui poche multinazionali sono monopoliste, detenendone i brevetti), riducendone i costi. Riporto le bellissime ultime
parole dell’intervento di Kirby Ferguson:
La nostra creatività viene dall’esterno, non dall’interno. Non
ci facciamo da soli. Dipendiamo l’uno dall’altro, e ammetterlo non vuol dire
abbracciare la mediocrità e il copiare. È una liberazione dalle idee sbagliate,
e un incentivo a non aspettarsi troppo da noi stessi e semplicemente
cominciare.